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ACAIT Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca

Cenni storici

A.C.A.I.T.

Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca

Il 28 dicembre 1902, promotore l’On. Prof. Alfredo Codacci-Pisanelli ed altri, con rogito del notaio Francesco Scolozzi di Montesano Salentino, veniva costituito in Tricase da 96 soci, sottoscrittori di 99 azioni di 10 lire ciascuna, il “Consorzio Agrario Cooperativo del Capo di Leuca”. Questa società anonima a responsabilità limitata, successivamente poi, in forza di legge, dovette prendere la denominazione di “Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca”.

L’articolo 1 dello Statuto, infatti, recita: “Sotto il nome di Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca è istituita, con sede e domicilio in Tricase, per la durata prorogabile di 99 anni, una società anonima cooperativa a responsabilità limitata, sottoposta alle norme del Codice Civile – Libro del Lavoro – in quanto non sia diversamente stabilito dal presente Statuto”.

Secondo quanto stabilito dallo Statuto, la società cooperativa si poneva il raggiungimento dei seguenti scopi:

1) organizzare ed esercitare la coltura e l’industria dei tabacchi.

2) stabilire laboratori ed opifici per la conservazione lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli

3) concedere prestiti ai soci; riscontare il portafoglio; nonché concedere prestiti agrari di esercizio a norma delle speciali leggi in quanto si sia ottenuta la prescritta autorizzazione;

4)  acquistare e vendere per conto proprio e di terzi, prodotti agricoli, macchine, attrezzi e merci in genere;

5) fare saggi, analisi ed esperimenti: istituire corsi e scuole nell’interesse dell’agricoltura e, in genere, dell’elevazione culturale della popolazione;

6) di promuovere le iniziative che possono efficacemente contribuire al potenziamento produttivo locale.

Agli inizi del secolo XX il tabacco era considerato la coltura fondamentale che poteva apportare quella desiderata e necessaria ventata modernizzatrice all’agricoltura salentina perchè costituiva una tangibile integrazione allo scarsissimo reddito contadino. La coltivazione del tabacco, perciò, rappresentava una delle maggiori fonti di ricchezza sia per i coltivatori, che avevano la sicurezza di collocare il prodotto, sia per le operaie tabacchine che, impegnate nella prima lavorazione, avevano la garanzia di un’occupazione per diversi mesi dell’anno. Pertanto, la nascita dell’ACAIT era ben vista dalla popolazione perché si poneva come struttura fondamentale e come sicura fonte di occupazione per la maggior parte della classe contadina di Tricase e dell’intero Capo di Leuca.

LA TRAGEDIA DEL 15 MAGGIO 1935

Il 14 maggio del 1935 il Ministero delle Corporazioni, per il tramite del Prefetto, rendeva noto il decreto di scioglimento del Consiglio d’Amministrazione dell’ACAIT e, per la verità, anche di altri Consorzi cooperativi della provincia di Lecce, per procedere alla fusione di tutti nell’unico Consorzio Agrario Cooperativo di Terra d’Otranto con sede a Lecce.

Si può intuire benissimo che i Tricasini, quando appresero la notizia, espressero immediatamente un fortissimo dissenso perché vedevano in questo provvedimento una reale minaccia contro il loro lavoro e soprattutto la fine di quella parziale, ma vitale, sicurezza economica che era rappresentata dall’ACAIT.

La notizia si diffuse immediatamente, mentre la sera del 14 maggio i dirigenti dell’ACAIT si riunivano per prendere atto del provvedimento e compilare un esposto motivato, da inviare al Capo del Governo, col quale si chiedeva la revoca dello stesso provvedimento. La mattina del 15 maggio le operaie tabacchine manifestarono l’intenzione di astenersi dal lavoro per protesta, ma convinte dai dirigenti dell’ACAIT, ripresero il lavoro con malcontento e disapprovazione. Nel pomeriggio si raccolsero le firme per l’esposto da inviare al Capo del Governo, mentre in piazza moltissimi lavoratori e tabacchine discutevano con notevole interesse.

Nel frattempo venne fatto affiggere un manifesto del Podestà di Tricase, Avv. Edgardo Aymone, che riproduceva una lettera inviatagli dal Prefetto e invitava i cittadini “a tornare” tranquilli al proprio lavoro, fiduciosi nell’opera oculata e provvida del governo fascista. Questo manifesto provocò un effetto diverso da quello sperato e l’appuntamento delle operaie tabacchine per una dimostrazione sotto il Municipio in modo pacifico, pian piano divenne una vera e propria protesta. Venne strappato il manifesto, le persone incominciarono ad agitarsi e a gridare, lanciarono alcuni sassi e avevano l’intenzione di abbattere la porta del Municipio. Intanto erano stati chiamati i Carabinieri, i quali non riuscivano a calmare gli animi dei presenti. In questo stato di esasperazione, per evitare l’invasione del Municipio e che la situazione degenerasse, venne ordinato ai Carabinieri di sparare. Si udirono alcuni spari a brevi intervalli, i dimostranti ovviamente si sbandarono e incominciarono a correre all’impazzata: la situazione era completamente degenerata. Risultato: un morto subito e numerosi feriti, tre dei quali morirono poco dopo e un quinto morì, a causa delle ferite ricevute, dopo sei giorni.

“La rivolta di Tricase”, così come venne definita dagli storici, finì nel sangue ed ebbe cinque morti: tragico bilancio di quel mercoledì 15 maggio 1935. Questa, in sintesi, la tragedia del proletariato tricasino per aver manifestato il dissenso contro la decisione del Ministero delle Corporazioni che intendeva sopprimere l’ACAIT e trasferirla a Lecce.

LA REPRESSIONE, IL PROCESSO E LA SENTENZA

La repressione continuò durante la notte e vennero arrestate 26 persone ed altri arresti vennero effettuati nei giorni successivi. Non fu consentito di celebrare i funerali delle vittime e i loro corpi furono trasportati al cimitero nel corso della notte successiva. La motivazione di tutto questo fu quella di evitare nuovi possibili disordini.

Dieci anni dopo lo storico eccidio i Tricasini, auspice la locale sezione del Partito Socialista Italiano, apposero una lapide a perenne memoria dei caduti di Tricase del 15 maggio 1935, collocandola sulla facciata dell’ex Convento dei Domenicani ed attuale sede di alcuni uffici comunali.

 

Cartolina