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Chiesa Matrice della Natività di Beata Maria Vergine

Cenni storici

Edificata sul sito delle altre precedenti parrocchiali, la chiesa maggiore di Tricase è dedicata al culto della Natività di Maria.

La fabbrica dell’odierno tempio iniziò nel 1736, quando in un pubblico parlamento i tricasini decisero di allargare la struttura precedente perché troppo piccola per l’accresciuto numero della popolazione. Per reperire i mezzi finanziari necessari alla fabbrica, l’Università Civica di Tricase istituì la tassa della “vigesima” su grano, orzo ed olive, e la prestazione di giornate di lavoro per i cittadini esenti dall’imposizione. Deciso l’ingrandimento del tempio, i Padri Domenicani di Tricase suggerirono ai soprintendenti della Fabbrica, la figura del domenicano fra Tommaso Manieri da Nardò. Dato inizio ai lavori della chiesa, di li a poco gli stessi furono sospesi perché andavano ad alterare la stabilità della struttura. L’Università di Tricase, nell’intento di aver una perizia veritiera sullo stato della chiesa che si presentava ormai scoperta e pericolante, interpellò colui che era considerato come il più esperto e brillante architetto della Provincia di Terra d’Otranto, Mauro Manieri. Costui sentenziò che il disegno preparato da fra Tommaso non avrebbe potuto avere seguito.

Dopo quasi un ventennio, la soprintendenza della Fabbrica della Matrice di Tricase decise di affidare le operazioni per l’esecuzione dalla pianta di una nuova chiesa all’eccellente architetto Adriano Preite da Copertino (1724-1804). I lavori ripresero nel 1763 e continuarono fino al 1781. Per l’esecuzione dell’attuale edificio furono abbattuti i caseggiati dell’ospedale, del carcere civile e di parte della torre dell’orologio, il tempio venne solennemente aperto al culto il 24 luglio 1784. Oggi la matrice tricasina appare incompleta del timpano nella facciata e degli ordini del campanile.

Di pianta a croce latina con un’abside molto profonda, la parrocchiale di Tricase si presenta come la più grande chiesa della città. La facciata a due ordini, è ingentilita dal portale in pietra leccese, con una coppia di colonne che sorreggono un’edicola a nicchia con la statua della Vergine. Nel suo interno, abbondantemente illuminato da finestroni a “lira” trovano posto tredici altari, sei nella navata centrale e sette nella crociera, compreso l’altare maggiore. La volta è finemente decorata da stucchi realizzati nel 1784 dallo stuccatore dell’equipe del Preite, il copertinese Luigi Rossi. Allo stesso anno risale la balaustra scolpita a trafori in pietra leccese dall’alessanese Emanuele Orfano, completata dallo stesso nel 1787 con l’intaglio del cancelletto ligneo. Nel 1784 venne restaurato l’organo con i fondi dell’Università Civica, mentre nel 1795 il tempio si arricchì del pulpito ligneo, finemente intarsiato nel noce dal maestro ebanista Raffaele Monteanni da Lequile; risale invece al 1793 la statua lignea di San Vito Martire, protettore della Città, donata alla parrocchiale da Vincenzo Pisanelli.

Cartolina

La chiesa conserva arredi e suppellettili dei precedenti templi come il rinascimentale fonte battesimale (1547) e molte delle tele e pale d’altare. Le opere di massimo pregio pittorico sono concentrate nel transetto, dove trovano posto gli altari gentilizi dei Gallone, Principi di Tricase. Nel transetto sinistro una monumentale macchina d’altare ospita la tela cinquecentesca della Vergine con Bambino con i Santi Matteo e Francesco da Paola e i committenti Stefano ed Alessandro Gallone (1581), attribuita al pennello di Paolo Caliari detto il Veronese; mentre l’altare situato sul lato opposto è impreziosito dalla tela seicentesca di Gian Domenico Catalano raffigurante San Carlo Borromeo (1616). Ai lati dell’altare maggiore vi sono le pale d’altare della Deposizione dalla Croce (1614) a sinistra, e dell’Immacolata Concezione (1612) a destra, opere autografe di Jacopo Palma il Giovane. Nell’abside trovano posto il riquadro della Vergine del Foggiaro (XVI), opera cinquecentesca proveniente dalle precedenti matrici, la tela raffigurante il Battesimo di San Giovanni (fine XVI), attribuita al Fasolo, discepolo del Veronese, e la tela della Vergine in gloria tra i Santi (1640ca.) di Paolo Fenoglio.